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Ho studiato scienze della comunicazione e ho un dottorato in geografia umana.

Dopo alcune esperienze come ricercatrice nelle università di Bologna, Parigi, Siviglia e Temuco (Cile), ho scelto di lavorare in modo indipendente e in contesti diversi.

Mi occupo di stili di vita alternativi, agroecologia, moda e artigianato ecosostenibili.

Qui trovi alcune mie pubblicazioni.

Mi piace coniugare il lavoro intellettuale con la vita in campagna, la teoria con le pratiche, il pensiero critico con l’immaginazione.

Sono appassionata di software libero e open-source, letteratura fantasy, medicina naturale, spiritualità e discipline olistiche.

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Geografia umana

La geografia umana, intesa come studio della terra e delle relazioni tra società umane e ambiente, è una disciplina politica e per questo, non a caso, trascurata.

Quando parli di geografia tutti pensano alle limitate esperienze scolastiche, quando si imparano a memoria toponimi, descrizioni sommarie di ambienti fisici e attività economiche, con qualche tratto socio-culturale.

La geografia umana invece rappresenta un approccio multidisciplinare e raccoglie i contributi delle altre scienze sociali e umanistiche (storia, sociologia, antropologia, economia, ma anche semiotica, psicologia, letteratura, filologia, archeologia, architettura…) in funzione del comune denominatore del territorio.

La geografia studia la relazione dell’essere umano con l’ambiente.

Se la geografia non fosse una materia trascurata, non saremmo giunti a questo punto.

Ma è anche una delle risorse più potenti per generare un cambiamento.

“La mappa non è il territorio”, ossia le nostre rappresentazioni non sono mai neutre, ma sono sempre frutto del nostro punto di vista, della visione o degli strumenti che usiamo per guardare il mondo.

Si capisce allora come la geografia è politica e, anzi, utopica, come diceva Giuseppe Dematteis, perché identifica le condizioni per creare rapporti sociali diversi da quelli attuali, di forme di potere e di gestione differenti (Dematteis, 1985).

La geografia riflette sulla realtà e sulle sue potenzialità di cambiamento.
Diventa allora

“una geografia delle possibilità del territorio, che, incontrandosi con bisogni latenti o insoddisfatti (…), mira a diventare il fondamento di un nuovo ordine sociale e politico. La pericolosità di una tale geografia deriva dal fatto di essere una descrizione di cose esistenti (sia pure in forma latente) e al tempo stesso una critica dell’esistente.”

Dematteis, G., 1985, Le metafore della terra. La geografia umana tra mito e scienza, Milano, Feltrinelli, p. 25)

Per questo motivo, secondo Dematteis, questo tipo di geografia non soltanto rappresenta un “pericolo di smascheramento” per il potere – poiché quest’ultimo occulta il carattere soggettivo del suo atto di interpretazione – ma rischia anche di mettere in discussione la realtà considerata “normale”.

“La realtà, che è enormemente più ricca, complessa, varia e imprevedibile di ogni nostra rappresentazione, non può impunemente essere scambiata con i suoi simulacri. E l’utopia diventa il mezzo per scoprire ciò che le rappresentazioni geografiche vorrebbero nascondere, cioè le reali possibilità che la Terra offre al mutamento”.
(Ibidem, p. 26).

La geografia come scienza utopica individua, descrive, co-progetta e diffonde modelli che sono espressione di organizzazioni sociali possibili, anche se esistenti in dimensione embrionale o su piccola scala, contribuendone così a farle crescere, mettersi in rete e affermarsi. Lavorando insieme agli attori del cambiamento.

Se vogliamo è una disciplina che corrisponde al concetto della relatività in fisica, perché il ricercatore non si considera separato dall’oggetto della sua ricerca.
Chi pratica questo tipo di geografia non dimentica di poggiare i piedi su questa terra e di essere quindi per forza sempre anche attore sul territorio, insieme alle comunità locali e nell’ecosistema.

Area Archeologica di Monte Bibele, Monterenzio (BO)

Una visione affine anche a quella delle discipline della comunicazione, che vedono la realtà come costruzione sociale, consapevoli ruolo dei media nella formazione dell’opinione pubblica.
Come la teoria della “self-fulfilling prophecy”, secondo cui le narrazioni che diffondiamo possono alimentare e far crescere una realtà piuttosto che un’altra.

Per questo mi occupo di “alternative”.

Non solo per studiarle, ma per supportarle, collaborare a che si riproducano e così contribuire a co-creare un mondo dove società umane e ambiente siano in equilibrio.

Abbiamo da costruire un mondo nuovo di zecca, e dobbiamo fare in fretta.

Ciascuno è importante, ogni piccola azione è importante.

Il neoliberismo (oggi anche tecnocratico) ci vuole convincere di essere impotenti.

Ma non è così, dobbiamo solo vegliare, interpretare la realtà e assumerci la responsabilità delle nostre azioni.
Dobbiamo assumere il nostro potere, personale e collettivo.

Come sostengono anche le visioni della fisica quantistica e della teoria dei sistemi complessi:

ogni piccolo elemento del sistema può generare un cambiamento radicale.

Ogni nostro pensiero, informazione, narrazione della “realtà” e rappresentazione del territorio possono scatenare una valanga di cambiamento e contribuire a creare e riprodurre un territorio nuovo:

quello che desideriamo.

La ricerca nelle scienze sociali non è neutra, ma politica, e io desidero che il mio lavoro contribuisca a generare cambiamento.

Eun’epoca da pirati.
Il tesoro è nascosto.
Non su isole dei mari del Sud,
ma dentro di noi.
Sta a noi disegnare le nostre mappe,
costruire le nostre navi
e salpare per riprendercelo.

Area dei fulmini e del rito di fondazione.
Area archeologica di Monte Bibele (Monterenzio, BO)

Alcune realtà con cui ho collaborato

Simone Frabboni, il nostro brand ecosostenibile – Consulta Europa (Gran Canaria, Spagna) – Genuino ClandestinoTerra Nuova Edizioni (Firenze) – Campiaperti, Associazione per la Sovranità Alimentare (Bologna) – CNA Emilia Romagna – Associazione Amici della Terra (Ozzano dell’Emilia, BO) – IDEAS, Iniciativas de Economia Alternativa y Solidaria (Cordoba, Spagna) – Universidad de La Frontera (Temuco, Chile) – LADYSS, Laboratoire Dynamiques Sociales et Recomposition des Espaces (Paris 1, Paris 7, Paris 8, Paris 10) – Universidad de SevillaUniversità di Bologna